Il decreto ingiuntivo ex art. 50 TUB

14 dic Il decreto ingiuntivo ex art. 50 TUB

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Come è noto, l’articolo 50 di cui al D.Lgs. 385/1993 (c.d. TUB) stabilisce che “la Banca d’Italia e le banche possono chiedere il decreto d’ingiunzione previsto dall’articolo 633 del codice di procedura civile anche in base all’estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido”.

Tale disposizione, a prima vista e soprattutto in un momento storico nel quale la popolarità degli istituti di credito è quantomeno al ribasso, parrebbe riservare un trattamento di indubbio favore alle Banche, le quali potrebbero, sostanzialmente, fabbricare da sè medesime le “prove” del credito necessarie al ricorso monitorio; e tale importanza non è che aumentata dai recenti interventi normativi, i quali danno ulteriore spicco, in taluni casi, ai decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi (si veda, a tal proposito, la trattazione sul nuovo articolo 2929 bis c.c.).

In realtà, però, al netto delle emozioni negative oggi suscitate da ogni discorso concernente le Banche (anche se in rari casi purtroppo giustificate) non pare che la disposizione in parola sia così diversa dall’iter classico del decreto ingiuntivo “ordinario”.

Da un lato, infatti, l’istituto soggiace ai più severi requisiti di cui all’art. 117 TUB; dall’altro, la prova scritta costituita dall’estratto conto certificato (e non più, come in passato, dal solo “saldaconto”) non è diversa, a ben vedere, dalle fatture commerciali che normalmente si producono a documentazione della normale procedura: ambedue sono documenti unilateralmente provenienti dal creditore, e pertanto in fase (eventuale) di opposizione il credito dovrà essere comunque diversamente provato a cura del (presunto, a questo punto) creditore.

Per fornire tale prova (in fase di opposizione, è utile ripeterlo) la Banca dovrà quindi dimostrare i fatti costitutivi fondanti la pretesa creditoria e cioè, segnatamente:

  1. il contratto posto alla base della domanda;
  2. gli estratti conto relativi al rapporto, dall’apertura all’estinzione.

 

Per quanto concerne il primo requisito, difatti, l’art. 117 TUB stabilisce la forma scritta dei contratti bancari, a pena di nullità. Cio significa che in caso di mancata produzione (non mi dilungo, riservandole a futura trattazione, sulle questioni della mancata sottoscrizione, sottoscrizione tardiva, clausole indicanti la consegna di copia al cliente, ecc.) all’Istituto di credito è dovuta solo la somma in conto capitale e non sono riconosciuti interessi, commissioni e spese di qualsivoglia tipo.

Per ciò che riguarda gli estratti conto, va ricordato che l’art. 119 TUB prevede, da un lato, l’obbligo, per la Banca, di fornire al cliente l’estratto conto periodico, dall’altro il diritto, per il cliente, di chiedere alla Banca copia degli estratti fino ai dieci anni precedenti (anche qui non entro nella questione delle spese spesso applicate e del problema di coordinamento tra art 119 TUB e 210 c.p.c.). Inoltre, in caso di opposizione, non opera, secondo giurisprudenza maggioritaria, il limite dei dieci anni di cui sopra, e pertanto la Banca dovrà provare l’esistenza del credito azionato fin dall’inizio del rapporto; viceversa, vedrà applicazione il c.d. “principio del saldo zero“, ovverosia per tutto il periodo non provato nulla si intenderà dovuto, e solo dal momento in cui vi sono prove di operazioni si inizierà il conteggio credito/debito.

Avv. Domenico Balestra